Pier Paolo Pasolini: L’eredità di un visionario. Dal racconto di Margherita Caruso, la Madonna giovane de “Il Vangelo secondo Matteo”  (articolo di Enrico Caruso)

Introduzione: Pier Paolo Pasolini

Quest’anno, il 2 novembre, ricorrono i cinquant’anni dalla morte di Pasolini, un anniversario che riaccende il dibattito sul significato della sua eredità e sulla brutalità della sua scomparsa. La memoria di quel tragico giorno resta viva non solo tra gli studiosi, ma anche nel cuore di chi continua a vedere in lui un faro per comprendere le contraddizioni dell’Italia.

Pier Paolo Pasolini è stato una delle figure più complesse e affascinanti del panorama culturale italiano del Novecento. Poeta, scrittore, regista e intellettuale, la sua vita si intreccia con le vicende storiche e sociali di un’Italia in continua trasformazione. In questo racconto, Caruso Margherita ci offre uno sguardo personale e appassionato su Pasolini, restituendo la sua umanità, le sue contraddizioni, e la sua instancabile ricerca della verità.

Nei suoi ultimi anni, Pasolini sembrava intuire che il suo tempo stava per finire. Ma anche nella morte, avvenuta in circostanze tragiche, rimane una lezione: non smettere mai di cercare la verità, anche quando fa paura, anche quando costa caro.

La famiglia Caruso conserva un ricordo vivido e profondo di Pier Paolo Pasolini, legato non solo all’immagine pubblica del poeta e regista, ma anche alla sua dimensione privata. Si rammenta spesso la sua capacità di instaurare dialoghi autentici, la sua gentilezza nei piccoli gesti quotidiani e la sua attenzione verso chi gli stava attorno. Nei racconti familiari, emerge la figura di un uomo generoso, incline all’ascolto e dotato di una sensibilità fuori dal comune, capace di cogliere le sfumature dell’animo umano con uno sguardo che andava oltre le apparenze.

La famiglia Caruso ricorda inoltre come Pasolini sapesse creare un’atmosfera di profonda riflessione anche nei momenti di convivialità, portando spesso la conversazione su temi sociali e culturali senza mai perdere il calore umano. Per loro, Pasolini rimane non soltanto un maestro della parola, ma anche un amico sincero, le cui idee e valori continuano a risuonare come un’eredità preziosa che si tramanda di generazione in generazione.

Parte del primo tempo del film venne girato in Calabria tra Crotone, Cutro e Le Castella.  Mio padre Michele in quel film ebbe una piccola parte, dovette rappresentare uno dei giudici che avrebbero poi condannato Gesù.

Secondo i racconti di mio padre, tutta la cittadina era in festa, perché Pasolini portava il sorriso. Molti cittadini vennero ingaggiati come comparse, e la “fame” che si confondeva con il desiderio di “fama”, diventava un perfetto allucinogeno.

Durante questo primo atto, mio padre oltre seguire mia sorella Margherita, offriva la sua compagnia a Susanna Colussi, madre di Pasolini. Lui accoglieva il dolore di questa donna.

Per quel film ricevemmo una somma di 500 mila lire, che alleviò il carico economico di mio padre che aveva messo al mondo 10 figli.

Papà Michele ebbe modo di incontrare Pasolini e i suoi amici letterati: fu Moravia che gli disse apertamente che, se Margherita avesse voluto avere il suo successo, lui avrebbe dovuto fare un passo indietro,  lasciando la minorenne davanti al suo destino, senza la sua presenza. Da buon padre di famiglia, e in virtù della cultura calabrese, papà Michele non accettò.

Per mia sorella Margherita, la figura di Pasolini rimane nell’ombra per tutto ciò che ha fatto per il nostro sud. Si premiano gli imbonitori, e poco si conosce su chi ha lottato per gli “invisibili”, che facevano parte del cinema di Pasolini.

Pier Paolo Pasolini ebbe meriti profondi e duraturi nei confronti della cultura del Sud Italia, sia dal punto di vista artistico che sociale.

Ecco i punti salienti del suo Amore per il sud Italia:

1. Ha dato dignità e voce al Meridione “popolare”

Pasolini fu tra i primi intellettuali italiani a guardare al Sud non come a una regione arretrata, ma come a una fonte di autenticità culturale e spirituale.

  • Nei suoi film, romanzi e saggi, rappresentò il Sud come cuore umano dell’Italia, ancora non corrotto dal consumismo e dalla modernità.
  • Fece parlare sullo schermo e nelle sue opere i contadini, i braccianti, i poveri, mostrando la loro dignità e bellezza.
  • Denunciò con forza le ingiustizie sociali e l’abbandono in cui lo Stato lasciava il Mezzogiorno.

2. Ha valorizzato il Sud nel cinema

Pasolini scelse il Sud come scenario simbolico della sua poetica:

  • Girò Il Vangelo secondo Matteo quasi interamente nel Mezzogiorno (Matera, Barile, Gravina, Calabria, Sicilia).
  • Usò volti e corpi di gente comune, non attori professionisti: contadini, pastori, bambini dei paesi del Sud.
  • Attraverso il paesaggio e la lingua, trasformò il Sud in un mito universale, una “nuova Palestina”, una terra sacra dell’umanità povera.

3. Ha studiato e difeso le lingue e i dialetti del Sud

Pasolini era anche linguista e filologo.

  • Amava i dialetti come espressione autentica del popolo.
  • Scrisse saggi in difesa delle parlate meridionali, opponendosi all’omologazione linguistica dell’italiano standard.
  • Vedeva nei dialetti del Sud una ricchezza poetica e culturale da preservare.

4. Ha denunciato il “colonialismo interno”

Pasolini fu tra i primi a parlare del divario Nord-Sud come di una questione morale e politica:

  • Accusò l’Italia industriale del Nord di sfruttare e marginalizzare il Sud.
  • Vide nel boom economico degli anni ’60 un pericolo di annientamento culturale per il mondo meridionale contadino e popolare.

5. Ha ispirato la rinascita culturale meridionale

Le sue opere e il suo sguardo hanno ispirato generazioni di artisti, scrittori e registi del Sud, da Rocco e i suoi fratelli (Visconti) fino a registi più recenti come Donata Scalfari, Mimmo Calopresti, Edoardo Winspeare o Alice Rohrwacher.

In sintesi:

Pasolini non ha solo rappresentato il Sud: lo ha ascoltato, amato e difeso.
Ha fatto del Meridione il simbolo della resistenza umana e culturale contro l’omologazione moderna.

Il racconto di Caruso Margherita su Pier Paolo Pasolini: un ritratto intimo di un Maestro della cultura italiana

Il primo incontro e l’esperienza sul set con Pasolini

La domenica di una giovane timida

Come ogni domenica, dopo la scuola, la messa in cattedrale era una consuetudine per noi ragazzi. Al termine della funzione, seguiva la passeggiata su Corso Vittorio, lo “struscio”, un rito fatto di allegria e saluti tra amici. In quell’occasione, all’altezza del negozio di Ciliberto, il nostro gruppo si fermò, immerso nell’atmosfera vivace della domenica mattina.

Un incontro inaspettato

Ricordo come un ragazzo mi fissasse, suscitando in me, allora quattordicenne timida, un certo imbarazzo. Per sfuggire a quello sguardo insistente, mi voltai continuando a conversare con le amiche. Poco dopo, però, qualcuno mi bussò sulla spalla. Girandomi, non vidi più un ragazzo, ma un uomo: Pier Paolo Pasolini. Mi si presentò come regista e mi chiese se mi sarebbe piaciuto partecipare a un film, specificando con rispetto che sarebbe stato necessario il consenso dei miei genitori.

Il provino a Roma: emozioni e incontri

Accettai di fare il provino, accompagnata da mio padre. Partire per Roma fu un’esperienza nuova e carica di emozione: tutti mi salutavano alla stazione, augurandomi buona fortuna e raccomandandomi di “meritarmi la parte”. Giunti a Roma Termini, ci accolse un uomo che mi parve un frate e ci accompagnò all’EUR, a casa di Pasolini. Lì incontrai, oltre a lui, personalità come Dacia Maraini, Elsa Morante, la madre e la cugina di Pasolini, tutte persone di grande gentilezza. Mi sentivo osservata, ma non per vanità: a quell’età ero ancora “un bocciolo”.

Il provino: espressività e sguardo

Durante il provino, mi vennero indicate le emozioni da interpretare e mi chiesero di compiere alcuni passi. Di quell’esperienza ricordo soprattutto quanto Pasolini lavorasse sull’espressività e sul linguaggio non verbale. Mio padre diceva sempre che “parlavo con gli occhi”, e questo colpì anche Pasolini. Noi del sud, in effetti, comunichiamo con lo sguardo e con i gesti. Alla fine del provino, Pasolini e le scrittrici espressero il loro apprezzamento e fui scelta per il ruolo.

L’esperienza sul set e il rapporto con Pasolini

L’annuncio della mia selezione mi sorprese e mi emozionò profondamente. Sul set, Pasolini sapeva mettere tutti a proprio agio, anche i miei compagni che parteciparono al “Miracolo”. Era un perfezionista: anche se una scena risultava perfetta, la ripeteva almeno tre volte per ottenere il meglio in fase di montaggio. Sempre dolce, perse la pazienza solo una volta, quando dovevo fingere di dormire e non riuscivo a chiudere un occhio. «Lasciatela così, che si addormenti davvero!», disse sorridendo, rivelando così il suo lato umano e paziente.

Un Maestro e un uomo d’umanità straordinaria

La consapevolezza di lavorare con uno dei più grandi intellettuali del Novecento fu immediata: Pasolini era colto, affettuoso, metteva tutti a loro agio e instaurava subito un clima di fiducia e benevolenza. Ricordo le parole della truccatrice: «Che fortuna lavorare con Pasolini!». Era una persona semplice, gentile con tutti, e la sua umanità traspariva anche dal rapporto con la madre, donna di grande bontà e semplicità.

Legami e ricordi indelebili

Pasolini non era praticante, ma la sua umanità era evidente. Restò per me un amico, una figura che chiamava con semplicità, come se ci conoscessimo da sempre. Anni dopo, tornai a Roma per un concorso e pensai di andarlo a trovare, ma mi dissero che non c’era più. In quell’occasione mi avvicinai a sua madre e alla cugina, donne straordinarie che mi accolsero con calore.

Un’esperienza che segna la vita

Per me, conoscere Pasolini è stato come ricevere un dono dal destino. Girare un film con lui è stata un’esperienza preziosa, che porto ancora con me. Ho apprezzato ogni aspetto di quel lavoro, dai costumi semplici al linguaggio essenziale, e il modo con cui Pasolini privilegiava l’espressività e la comunicazione non verbale. Anche le scene girate a Crotone, come quella del miracolo dei pani e dei pesci, erano preparate con cura, con attenzione alle emozioni da trasmettere. Era un film che parlava attraverso i gesti, gli sguardi, più che con le parole, e per questo rimane un capolavoro.

Un ricordo che vive

Ho rivisto il film più volte, ogni volta che mi invitano o lo trasmettono in televisione, e ogni volta riaffiora la gratitudine per quell’esperienza irripetibile.

Conclusione: L’eredità di Pasolini

Pier Paolo Pasolini continua a vivere nelle sue parole, nei suoi film, nelle sue battaglie. Era un uomo innamorato della vita, anche nelle sue contraddizioni più amare. Come dice un vecchio proverbio: “La verità viene sempre a galla, come l’olio sull’acqua.” Pasolini l’ha cercata, raccontata e difesa, lasciandoci in eredità il coraggio di guardare il mondo con occhi sinceri.

Se oggi guardo alla mia vita e al mio modo di raccontare, so di dover dare qualcosa a lui: la fedeltà alle proprie idee, la compassione verso chi soffre e la capacità di non arrendersi mai al silenzio.

Ho sempre detto che la città in cui preferisco vivere è Roma, ma non avevo ancora conosciuto bene Reggio Calabria, Catania, Siracusa. Non c'è il minimo dubbio che vorrei vivere qui, vivere non di pace, ma di gioia.

Pier Paolo Pasolini

Contattaci oggi stesso per prenotare un appuntamento con i nostri esperti o per richiedere informazioni sui nostri corsi.